In questi giorni di forzata reclusione che il virus ci impone mi sono imbattuta nella lettura di diversi articoli. Nell’era moderna il flusso di informazioni che ci raggiunge è per sua natura cospicuo e sovrabbondante ma mai è stato, come in questi giorni, così omogeno. Non sarebbe certo possibile aspettarsi il contrario quando ci si trova difronte a un fenomeno di risonanza globale e in molti ne hanno già sottolineato la sua eccezionale portata storica. Ogni articolo che leggiamo, indipendentemente dal fatto che riguardi l’economia, la scuola, i rapporti interpersonali, il cambiamento climatico o l’industria della moda e quella dell’agroalimentare convergono verso un unico punto di fuga. Per questo, la corretta e responsabile informazione in momenti come questi è indispensabile, e imprescindibili diventano le parole che vengono utilizzate per descrivere il fenomeno. Al centro del dibattito sono oggi le metafore che paragonano l’emergenza sanitaria globale alla guerra, ormai entrate nell’immaginario collettivo di questi giorni. Si tratta di una tragedia è vero, ma parlare di guerra non è forse la scelta più appropriata che si possa fare. E le differenze sono tante: i carrelli della spesa stracolmi, le case tiepide e gli ospedali che nonostante tutto funzionano. Durante una guerra tutto questo non c’è. Anzi, queste retoriche bellicistiche sono oltre che inappropriate, molto pericolose perché parlare di guerra aumenta la paura, parlare di guerra genera il panico, parlare di guerra inibisce il pensiero razionale e mette uomini contro uomini. Una volta che si è finiti in balia della paura, il coraggio di reagire va via via scemando. Non possiamo però permettere che questo accada. Quando tutto finirà e avrà inizio il post coronavirus, sarà imprudente e rischioso dimostrarsi senza coraggio. Non sarà di certo facile ma la voglia di reagire e di costruire un futuro migliore deve oggi, come domani, combattere l’angoscia o quanto meno dominarla. Solo così sarà possibile affrontare questa sfida e ricominciare. Ora più che mai è necessario collaborare. Non lasciamo allora che il senso di umanità che in questi giorni ci pervade, svanisca con il virus. Gli studi scientifici dimostrano che questi eventi saranno fisiologici in futuro e necessario diventa allora uscire da questa emergenza con saggezza e consapevolezza, con la capacità quindi di adottare un comportamento razionale anche difronte a una situazione problematica.
Cara Europa, caro governo e cari politici. Il mio pensiero va anche e soprattutto a voi. Quando l’emergenza sarà finita, agite e pensate con coraggio. Il futuro che ieri era incerto oggi è sparito, il tempo si è fermato e ha lasciato un grande vuoto nell’avvenire. Ma la società, e così anche e soprattutto noi giovani, non possiamo permetterci di non vedere questo vuoto colmato. Se gli Stati non si decideranno a operare in sinergia e l’Europa deciderà di tradire sé stessa verrà a mancare ogni prospettiva futura. Ricostruiamo insieme allora il domani. Ora più che mai noi giovani ne abbiamo bisogno.
Irene Troiani
Irene, 20 anni. Giro, vedo gente, mi muovo, conosco e ogni tanto scrivo delle cose.